La laicità dello Stato si dimostra attraverso l’inclusione». Yassine Lafram, numero uno della comunità islamica di Bologna, presidente nazionale dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia (Ucoii) , tra le persone più autorevoli nel mondo islamico residente nel nostro Paese nonché amico dell’arcivescovo di Bologna e nuovo presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi
ha tagliato il nastro della nuova moschea di Marghera-Venezia . Un Centro di proprietà, acquistato con i soldi dei fedeli di Dio che vivono a Venezia, ma anche con il denaro dei tanti convertiti al Islam. l’inaugurazione è fatta ieri 10 maggio 2022, con la presenza del presidente della Comunità, Sadmir Aliovsky, l’imam e teologo siriano Hammad Al Mahamed, il vicario foraneo di Marghera Roberto Berton, don Nandino Capivilla, di casa in moschea, i consiglieri comunali Paolino d’Anna e Paolo Lucarda. Tra i molti invitati anche l'ambasciatore Umberto Vattani, arrivato da Roma, presidente della Venice International University di a Venezia. il presidente Sadmir sull’importanza della libertà di culto, e ha detto “Se possiamo aprire una moschea è grazie alla Costituzione italiana, che garantisce la libertà di culto e dell’esercizio di culto, la libertà di pregare chi vogliamo quando vogliamo e dove vogliamo, nel rispetto dell’ordinamento italiano, quindi grazie ai padri costituenti che hanno pensato a chi è “diversamente” cattolico, e ha detto anche, Questo non sarà il classico centro ghettizzato aperto ai soli Musulmani, ma centro che darà vita a tante attività, centro di condivisione aperto a tutti, per curiosare, fare delle domande, ricerche, un centro messo a disposizione del comune, alle istituzioni per eventuali progetti, ricerche, studi della cultura islamica, immigrazione, integrazione e tanto altro. Un bene comune che arricchisce ancor di più la nostra città Venezia ”. L’ambasciatore Vattani, nel suo discorso incentrato sulla multiculturalità e multireligiosità di Venezia, ha ricordato come nella città si siano rifugiati e siano stati accolti prima i greci ortodossi, poi gli ebrei, gli armeni, i musulmani, fino alla recente esperienza dell’Istituto superiore afghano. Tutti quanti dobbiamo impegnarsi
per superare gli schieramenti e mettere assieme le ragioni della città da difendere e salvaguardare nel suo spessore di forma storica, culturale, artistica, ambientale, qualità di vita e del convivere in un tempo dove la sua esistenza è necessità.
Sanaa Chami