Il burnout: da fallimento a crescita personale

    Il burnout: da fallimento a crescita personale

    Luisella Urietti

    Lo sfinimento fisico e psicologico che avviene in campo professionale si stima riguardi 1 lavoratore su 5; è un reale pericolo per le imprese e i dipendenti; tuttavia, non è una fatalità e si può prevenire. Burnout, letteralmente, significa “motore fuso” : è un male che corrode il mondo del lavoro, un mondo diventato estremamente esigente

     

    Chi rischia il burnout?

    Fattori principali

     

    Persone a rischio

     

    I perfezionisti: coloro che si prefiggono obiettivi troppo elevati, anche se questo non viene specificamente richiesto dal loro capo. In altre parole, coloro che fanno uno sforzo supplementare costante d’investimento nel loro lavoro, ma non ricevono l’atteso riconoscimento.

    Le persone che non riescono a delegare e vogliono fare tutto e tutto subito

    Le persone che non sanno dire no e collegano la stima di se stessi alle loro performances professionali

    Fattori di rischio legati all’impresa

     

    L’assenza di riconoscimento è uno dei più importanti fattori di rischio. In genere, nelle aziende si passa più tempo a sottolineare che cosa non va piuttosto che a valorizzare quello che c’è di positivo e ad incoraggiare i propri collaboratori.

    I conflitti e le difficoltà relazionali al lavoro.

    La mancanza di solidarietà. E’, invece, importante coltivare lo spirito di gruppo e non il principio “divide et impera”.

    La scarsa autonomia individuale

    La mancanza di definizione chiara di: compiti/mansioni da svolgere e aspettative - da parte dei superiori- rispetto al risultato atteso, struttura;

    Ciò che segue è successo a una persona che occupava un posto di rilievo in una società multinazionale:

    “Una mattina mi sono svegliato e mi sono trovato completamente paralizzato: non riuscivo ad alzarmi dal letto né a muovermi. Mi ci sono volute settimane per ritrovare la mobilità”. In seguito a questo avvenimento, questo individuo ha deciso di trasformare questo down in una forza, fondando una società di coaching e aiutando così individui e imprese a evitare lo sfinimento professionale. In Svizzera il burnout interessa il 20% della popolazione, in Italia circa il 30% anche se non ci sono dati statistici confermati perché, come per altri fattori (il mobbing, le avances sessuali) si tende a nascondere e a non evidenziare un malessere che – ignorato- diventa più grave. Da qui l’importanza di agire per prevenire un male che, per le persone e per le aziende, ha un costo decisamente elevato, sia sul piano economico sia su quello umano.

     

    Che cos’è lo stress

     

    Lo stress, ma soprattutto l’incapacità di “evacuare” lo       stress, è uno dei fattori base. Per stress s’intende la risposta del corpo a una situazione vissuta come “intensa” (dal matrimonio alla separazione, dalla promozione al fallimento di un progetto..).

    Il corpo umano produce sostanze che entrano in circolo nel sangue, per sostenere una situazione che richiede un “surplus” di energia, attenzione, ecc. , per un lasso di tempo determinato.

    Alla fine della situazione definita come “stressante”, il corpo deve potersi rilassare e smettere di produrre tali sostanze. Normalmente ciò non avviene, e contemporaneamente si continuano ad avere effetti secondari come la difficoltà a dormire, disturbi digestivi, aumento del battito cardiaco, irritabilità, stanchezza, ecc. Tutti questi effetti, se continuano per un periodo sufficientemente lungo, innescano uno stato “alterato” nel quale il corpo non è più in grado di funzionare normalmente. Nel tempo gli effetti si trasformano in sintomi e i sintomi in malattie, più o meno gravi, tra cui il burnout.

    Il burnout è la malattia di chi vive uno sfasamento tra l’investimento professionale e il riconoscimento ricevuto.

    Oltre a una pressione che diventa via via più forte, altri fattori scatenanti sono le difficoltà relazionali nel gruppo e la mancanza di feedback positivo. La mancanza di riconoscenza del lavoro svolto genera una disillusione professionale e uno sfinimento psichico e fisico: chi ne è afflitto si sente estenuato.

     

    SINTOMI

     

    I sintomi tipici di questa malattia possono essere:

     

    Psicologici:

     

    ipersensibilità emotiva (avere “i nervi a fior di pelle”)

    cinismo, distacco e freddezza nel comportamento

    perdita d’entusiasmo

    insoddisfazione/frustrazione

    aggressività eccessiva

    Fisici:

     

    mal di schiena

    mal di testa

    dolori alla cervicale

    ulcere, disturbi della digestione

    disturbi del sonno

    irrequietezza, tic nervosi, restless leggs syndrome

    incapacità di concentrazione

    mancanza di chiarezza mentale e verbale

    Tuttavia, è solamente dopo che si verifica il burnout che la persona collega (e nemmeno sempre) questi sintomi alla crisi, peraltro preannunciata dal corpo attraverso tantissimi segnali ai quali non si è accordata l’importanza dovuta.

    Da una media approssimativa, si calcola che 1 lavoratore su 5 abbia sperimentato o stia preparando un “burnout”, indipendentemente dalla posizione gerarchica che ricopre all’interno dell’impresa per la quale lavora.

    Di chi è la colpa? È necessario uscire dalla trappola del senso di colpa e non cercare un capro espiatorio: il vero colpevole è lo stress e, semmai, l’incapacità a gestirlo.

    Ciò implica che tanto il dipendente quanto il datore di lavoro devono assumersi la loro parte di responsabilità e agire ognuno secondo il proprio livello.

     

     

     

    Prevenzione e segnali d’allarme

     

     L’individuo deve

     

    conoscersi meglio, imparare ad avere più attenzione a sé e gestire meglio la propria energia, qualunque essa sia (emotiva, intellettuale, fisica…)

    dopo episodi di stress intenso, prevedere fasi di recupero e non fare come “se niente fosse”, sminuire l’importanza dell’accaduto come se fosse un segno di debolezza personale (mancanza di carattere o dei requisiti richiesti)

    imparare a “staccare la spina dal lavoro” e mettere dei limiti chiari nella propria vita: programmare vacanze brevi e in esse fare quello che riconosce per sé rilassante e distensivo

    imparare a dire NO

    svolgere un’attività fisica regolare (20/30’ minuti di camminata al giorno permettono di eliminare alcuni effetti dello stress) utile sia per “decomprimersi” che per ricaricare le batterie

    imparare a dare importanza alle attività extra lavorative (amicizie, partner, figli, hobby…)

    avere piacere e soddisfazione sia nell’ attività professionale che nella vita privata. Il valore, la fiducia e la stima di sé nascono da un equilibrio tra i due settori, non dalla prevalenza         di uno sull’altro; altrimenti, si corre il rischio di svuotare il proprio cuore, diventare distaccati e lontani e perdere le persone care proprio nei momenti più difficili.

    Nell’impresa, il capo deve:

     

    precisare chiaramente che cosa si aspetta dai propri collaboratori e dipendenti

    gestire i conflitti relazionali

    concedere sufficiente autonomia ai dipendenti, in modo che gli stessi possano utilizzare le proprie capacità creative

    fornire periodicamente un feedback positivo e costruttivo sul lavoro svolto

    trattare collaboratori e dipendenti in modo equilibrato, evidenziando le loro qualità e le possibilità di crescita e sviluppo ad esse collegate

    cogliere e saper individuare i sintomi premonitori del burnout

    diventare un esempio di “corretta gestione dello stress”

    essere un leader ispiratore che dà un senso al proprio lavoro e a quello di chi gli sta intorno.

     

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